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al testo di Amina Narimi
il pino solitario
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Il pino solitario. Un sentiero di uccelli. La pazienza di coprirsi con la neve respirando dai talloni tutto il peso dei nidi, a centinaia, sulla schiena- ascoltando il corpolungo fra le ossa mangiando il lupo universale con le stelle.
Dalla shin di Cassiopea al peccato originale in quale plaga della notte- mi domandi- e chi sarebbero gli apostoli del sole senza luna? I glifi e la tua lingua per le favole e il destino? Hai mai visto un’asterisma
per un essere terreno?
Le migrazioni degli uccelli costeggiano la striscia che fa latte, se a uno chiudi gli occhi perde il filo del firmamento, in volo, dentro al cuore. Se nello scricciolo fatato c’è una mappa, nei tuoi occhi primitivi è quella stella per parlare con il mondo, e dirsi: accanto. Ancora prima di ogni verbo
sapevamo del telaio, delle case, che la luna percorre, le sue stelle, in una notte, e un mese, per la rivoluzione, col filo lungo del silenzio, che tende luminosa nelle notti, come le sorgenti ai grandi fiumi, inavvertibili.
Non si può non condividere il commento di Far, che mi onora di sì tale considerazione, da farmi dubitare della mia identità (forse lui mi confonde con un altro - così inadeguato sono io, pieno dignoranza), anche se laggettivo assoluto nella produzione poetica di Amina è sempre traballante, poiché non sappiamo mai quale altre meraviglie saprà ancora comporre e proprio questo è il punto (e concludo, senza ancora attraversare il testo): tra i poeti, la Narimi è forse lunica a non "scrivere": lei, al pari di un musicista, però evidentemente utilizzando le parole al posto delle note, compone delle melodie, delle sinfonie, crea delle armonie con le immagini e, proprio come può accadere con la musica ovvero con le più belle composizioni, ci apre delle vie che sfiorano il divino. D’altronde, se noi smontassimo il testo, ne vagliassimo i singoli lemmi, ne analizzassimo gli accostamenti e la sintassi, nulla di ciò che abbiamo esperito nella lettura ci rimarrebbe in mano (se a livello basico ciò può valere per ogni poesia, credo che ascendendo la qualità poetica tale “ trascendenza” risulta ancora più stupefacente), proprio perché la poesia di Amina non è nella scrittura, non è nella parola, ma nella tessitura delle “note” (parole) ovvero, mutuando dal linguaggio teologico, dalle interrelazioni degli accostamenti, da quei reciproci abbracci delle cose, da quello starsi accanto delle cose scelte, in una maieutica della luce che adombra di sé le cose nell’emergenza di quel di più che ne trae l’ostetricia-poetica dell’Autrice, appunto schiudendo al creato l’Increato, appunto sfiorando con i propri versi (musica) il divino. Su tutto ciò non può mancare, in un recupero edenico, l’eco di un "io" e di un "tu".
Altro che"inavvertibili": qua ci si avverte tutto un universo con pure le coscienze che ci si dibattono. Ma queste tue sono coscienze che sanno di poesia e leggiadria del dirsi luce... Abbracciobacio
È un universo stellato questi tuoi versi, Amina, che ci conduce in quel cielo splendente fatto di asterismi. Come asterismi sono i tuoi versi: segni riconoscibili che ci conducono passo dopo passo nella Poesia. E non possiamo chiudere gli occhi pena la perdita di quel “volo dentro il cuore”. Un abbraccio
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